Rachele Nicolis

Classe 1993, Rachele è approdata giovanissima alla Coop ed è ormai un punto di riferimento. Viene da Bosco Chiesanuova, in Lessinia: la montagna non è solo la sua casa, ma il filo rosso che lega tutte le sue esperienze più belle.

Rachele è cresciuta in una famiglia tesa al volontariato e accogliente verso le disabilità: con questo background solidale dopo la scuola superiore è partita per un lungo viaggio, un anno tra l’Australia e le montagne del Nepal. Un’avventura umana intensa e folgorante! 

Ha scelto così di laurearsi in Scienze dei Servizi Sociali all’Università degli Studi di Verona, alternando lo studio sui libri a esperienze di volontariato sul campo in Bolivia e nei Balcani.

Rifugi

Il suo primo incarico come Assistente Sociale si è svolto in un centro di accoglienza straordinaria per richiedenti asilo, in provincia di Verona. Dopo l’esperienza con i rifugiati, Rachele sentiva l’esigenza di sperimentare un altro tipo di rifugio e passare un’estate di lavoro nel suo elemento naturale, la montagna.

Così è approdata al Rifugio Novezzina a Ferrara di Monte Baldo, allora gestito dalla Cooperativa Sociale Centro di Lavoro San Giovanni Calabria. Ormai la strada era tracciata, dritta dritta verso le attività di inclusione che sono il cuore della nostra realtà cooperativa.

Oggi Rachele si occupa di progettazione sociale e inserimenti lavorativi di soggetti svantaggiati. Il suo ruolo è delicato e fondamentale: è proprio qui che le persone fanno la differenza!

Guardare oltre

A Rachele viene spontaneo relazionarsi con gli altri. Avendo sempre avuto a che fare con la disabilità, anche in famiglia, e grazie al contatto diretto con persone in situazione di disagio, riesce facilmente a guardare oltre la difficoltà di chi ha di fronte.

Anche la squadra con cui si collabora è importante: nella Coop ha trovato un team di colleghi che si prendono cura in modo autentico del proprio lavoro, vissuto più come una missione che come un impiego. Sono molte le responsabilità, ma la Cooperativa ripone grande fiducia nei propri collaboratori: per Rachele significa avere la libertà di pensare e proporre nuovi progetti sociali.

In fondo il suo ruolo di coordinatrice la mette in una posizione privilegiata, dalla quale cogliere la temperatura effettiva degli inserimenti lavorativi. In poche parole, l’impatto che ha il Centro di Lavoro sulla società. Ogni persona che viene presa in carico dalla Cooperativa è unica e ha bisogno di un progetto personalizzato: per Rachele non si tratta di un semplice iter burocratico, ma di un vero percorso di accompagnamento verso il mondo del lavoro e, di conseguenza, verso l’inclusione.

L’aspetto più gratificante? Prima di tutto il riscontro che arriva direttamente dalle persone inserite; in secondo luogo, dalle famiglie di ragazzi e ragazze con fragilità, che vedono nella nostra realtà una cooperativa seria e disponibile, capace per esempio di dare un senso al vuoto istituzionale che c’è dopo la scuola dell’obbligo. In questo caso, migliorare la quotidianità di “una persona alla volta” significa dare respiro e dignità ai singoli coinvolti, e quindi alla società intera.

Alziamoci e andiamo

Il suo motto? On se lève et on se casse, in francese “Alziamoci e andiamo via”. Una frase forte per ribadire che non si devono accettare passivamente le ingiustizie, ma ci si può ribellare anche dicendo ‘No’.


Francesca Moscardo

Classe ’87, veronese e ironica. Francesca è una boccata di aria fresca.
Si è laureata in Storia dell’Arte all’Università di Verona e successivamente ha frequentato una scuola di specializzazione all’Università di Padova.
Dopo la laurea, però, ha scelto di cambiare rotta: nel 2017 ha iniziato a formarsi sul settore della comunicazione digitale. Nello stesso anno, l’esigenza di rendere partecipi le persone della sua condizione fisica particolare e il piacere di scrivere, hanno portato Francesca ad aprire Nanabianca Blog: un blog che parla di diversità, inclusione e spunti per rendere il mondo un posto più accessibile per tutti, a qualsiasi altezza.

Dare dignità alle persone

Francesca è entrata nella Cooperativa Sociale Centro Di Lavoro San Giovanni Calabria un po’ per caso. È bastato un corso serale di Storia dell’Arte Contemporanea presso Lino’s & Co, dove si trovava il reparto comunicazione della Cooperativa, per farla interessare alla nostra realtà.
Affidabilità e precisione la contraddistinguono dal primo giorno in cui è stata messa alla prova, fino a essere assunta stabilmente nel 2019 come Copywriter e Social Media Manager.
Con un sorriso saturo di orgoglio disegna la Cooperativa come: «Un ambiente molto bello, perché le persone cercano proprio di far star bene chi lavora con loro. C’è una grande attenzione sulle singole esigenze, dunque questo ovviamente mi è venuto molto incontro».
Questo lavoro, stabile e a tempo indeterminato, le dà la possibilità di poter progettare una vita e di coltivare le sue passioni, che sono davvero tante.
Il valore più grande che Francesca ha trovato in questo spazio? La capacità di dare dignità alle persone attraverso il lavoro.

Niente è impossibile

Francesca è convinta che «niente è impossibile. Quando si desidera fare qualcosa, si può trovare il modo di farlo. Non c’è niente che è precluso a priori, bisogna comunque provare a raggiungere quello che si vuole ottenere».


Francesco Benedetti

Cinquant’anni fa chi aveva in famiglia un ragazzo con disabilità, lo nascondeva. È da questa presa di coscienza che inizia la storia della nostra Cooperativa Sociale.

Nei primi anni ’70 don Antonio Mazzi, sacerdote carismatico, dotato di una straordinaria capacità di coinvolgere i giovani in progetti di volontariato al servizio degli emarginati, ha affascinato Francesco Benedetti, insieme ad altri coetanei veronesi, nella ricerca di creare concrete occasioni di integrazione per ragazzi che vivevano una situazione psicofisica più fragile.

Dalla protesta alla proposta

I primi laboratori vennero aperti presso il Centro Don Calabria, in via Roveggia a Verona, dove i ragazzi disabili si dedicavano ad attività di assemblaggio, falegnameria e confezionamento, guidati soprattutto dagli obiettori di coscienza che hanno avuto un ruolo fondamentale nell’organizzazione della cooperativa. Don Antonio, Corinna Ionta (fondatrice dell’ANFASS veronese), Cristina Tantini (volontaria dell’ANFASS), Francesco e altri collaboratori iniziarono a girare la provincia su un pullmino a raccontare cosa si stava facendo a Verona, a sensibilizzare le famiglie e a convincerle ad avviare i figli con disabilità verso un’occupazione lavorativa. Solo uscendo di casa questi ragazzi, insieme, avrebbero potuto aprirsi al mondo e avere la speranza di una vita migliore.

Questi volontari figli del ’68 erano animati da un forte impegno sociale per l’abbattimento delle barriere sociali e architettoniche e la tutela, anche legale, delle persone disabili. Fu una bella semina! 

All’inizio degli anni ’70 le cooperative sociali non esistevano ancora: nel 1975 fu proprio il Centro di Lavoro la prima Cooperativa costituita a Verona e Francesco fu prima consigliere e poi presidente. L’idea di cooperazione promossa da don Mazzi era un esempio innovatore per quei tempi e la sua opera ispirò la creazione di altre realtà simili, tuttora presenti nel nostro territorio.

Il piccolo laboratorio di via Roveggia si ingrandì nel corso degli anni, spostandosi in via San Marco, sempre in una struttura calabriana per trasferirsi poi nel grande stabile di via Gardesane nel 2010, dove si trova tutt’ora. Questo percorso è stato guidato dall’ex obiettore di coscienza Gianfranco Zavanella, che ha dedicato e dedica alla cooperazione sociale tutto il suo impegno lavorativo. 

La vita è l’arte dell’incontro

Per fortuna le parole cambiano e con loro anche la società. In oltre 40 anni di presidenza Francesco ha visto i miglioramenti e l’evoluzione della nostra Cooperativa Sociale.

Gli handicappati divennero disabili, e negli anni ’90 cominciarono ad affiancarsi a ex detenuti, a ex tossicodipendenti e a persone con altri svantaggi, anche temporanei. Ogni cambiamento è stato possibile grazie all’incontro al momento giusto con persone lungimiranti.

L’identificazione ufficiale del Centro di Lavoro con l’Opera Don Calabria non avvenne subito, anche se inizialmente i lavoratori e i volontari erano ospitati in strutture calabriane. Dopo questo rodaggio vi fu l’ammissione ufficiale della Cooperativa nella Famiglia Calabriana. La Cooperativa Sociale Centro di Lavoro assunse anche, nella propria denominazione sociale, il nome di San Giovanni Calabria. Un processo di integrazione lungo, ma una visione unica: il rispetto della persona con tutte le sue necessità.

Se all’inizio si faceva principalmente attività di falegnameria e assemblaggio, oggi la Cooperativa conta più di 200 dipendenti stabili e offre servizi molto diversi in modo da valorizzare i differenti tipi di abilità: pulizie, gestione del verde, guardiania, raccolta abiti, ristorazione aziendale, laboratorio alimentare, a cui si aggiunge il più recente settore Comunicazione. La missione rimane la stessa concepita da don Antonio Mazzi e dai giovani volontari degli anni ’70: ovvero dare dignità alle persone svantaggiate attraverso l’inserimento lavorativo concepito come strumento essenziale di promozione umana.

Isole di possibilità nel mare delle necessità

Francesco Benedetti è laureato in Economia e ha una visione molto concreta di come dev’essere una cooperativa sociale sostenibile: non solo un ente di beneficienza dedito all’assistenzialismo, ma una vera e propria impresa che deve generare utili per poter garantire ai suoi soci occupazione lavorativa e benessere sociale per anni. È grazie a questa idea di fondo che la nostra Cooperativa continua a crescere dopo decenni di vita.

Ma nel suo lungo periodo da Presidente, Francesco ha sperimentato cosa significhi mettere al primo posto il valore della persona. Proviene da una famiglia molto cattolica, ma essere inaspettatamente a capo di una cooperativa sociale così sfaccettata è stato per lui un ulteriore e straordinario arricchimento umano: conoscere tante persone molto diverse fra loro – viste sempre come potenziali risorse anche se all’interno di uno stato di necessità – gli ha permesso di comprendere meglio la realtà in cui viviamo, di sviluppare una maggiore sensibilità ed empatia verso il prossimo. Ha significato capire concretamente e nella vita quotidiana che ogni essere umano è una miniera di potenzialità inesplorate che vanno fatte emergere. 

Ci sono mai stati momenti difficili? Certo, soprattutto all’inizio quando c’era ancora tanto da fare, tutto da costruire, e quell’aiuto che si riusciva a offrire sembrava comunque non bastare. Ora Francesco Benedetti è in pensione, ma se siamo qui a raccontare le storie delle persone che lavorano in Cooperativa è grazie a quei giovani veronesi che cinquant’anni fa macinavano chilometri su un pullmino, per “costruire isole di possibilità nel mare delle necessità”.